giovedì 29 gennaio 2015

118 o la Professionalità o la Vita !!!

 Un giorno come un altro quando ancora non sai cosa ti sta aspettando di lì a poco e quel numero 118 diventa l'inizio di una storia che sarà una chiave di svolta nella tua vita




Sono le 9 di mattina del 4 dicembre, giovedì. Mi sento un po’ stanco, è un periodo un po’ difficile, tra le altre cose la mia compagna non si è ancora ripresa da una pessima tracheite che ha prodotto focolai di polmonite. Abbiamo deciso di andare dal suo medico per approfondimenti. Stiamo per uscire di casa ma mi prende un forte dolore allo stomaco. Sembra una congestione; ho bevuto del succo a colazione, forse era freddo – penso – e cerco di rimediare scaldando lo stomaco. Ma il dolore non passa, sembra diminuire e poi riprende più forte di prima. Passano i minuti e quando, dopo mezz’ora, il dolore è sempre forte chiedo alla mia compagna di chiamare il 118; in fondo soffro di aritmia da alcuni anni e non mi fido; se è un falso allarme mi scuserò con gli operatori e offrirò loro un caffè – penso.

Quindici minuti dopo sono sdraiato sul divano, i medici hanno già eseguito l’ECG e mi stanno intubando, installano flebo e fanno iniezioni. Non è un falso allarme. Mi hanno agganciato all’ossigeno e il medico parla con Isabella (la mia compagna) per illustrarle la situazione mentre un’altra dottoressa mi segue da vicino e cerca di tranquillizzarmi. Mi spiegano che a breve mi porteranno in ospedale per stabilizzare la situazione, bisogna però fare presto.
Mentre guardo tutte queste persone che si agitano intorno a me e vedo dipinta sul volto di Isabella la preoccupazione, la mia convinzione di vivere fino a 90/95 anni mi rincuora. Non morirò: ho ancora troppe cose da fare. E ho la positiva percezione di essere in buone mani.

Improvvisamente il buio. Perdo i sensi e … sogno. Sono da qualche parte e sto discutendo con qualcuno. Non ricordo chi fosse, nè per quanto tempo sono stato a discutere e in merito a cosa, solamente ogni tanto qualche immagine della mia vita mi appariva davanti. Ricordo che dicevo di dover andare. D’un tratto il sogno prende velocità, un numero indefinito di immagini mi scorrono davanti a ritmo impressionante. Sono immagini famigliari, della mia vita, ma non saprei descriverle; mi rimane solo la sensazione di aver viaggiato a forte velocità all’indietro come su un treno stando seduti volgendo le spalle al senso di marcia.

Vedo il lampadario di casa e guardandolo mi domando cosa centri con il sogno che stavo facendo. Lentamente realizzo di essere sdraiato a terra; ora ricordo. Qualcuno mi chiama, e torno cosciente. Immagino di aver perso i sensi. Non è stato proprio così, come ho scoperto poi, il cuore è andato in arresto cardiaco, mi hanno rianimato manualmente  e poi defibrillato. I medici hanno agito in fretta e bene, mi hanno riportato sulla linea temporale di questo universo cui appartengo; preso per i capelli, come suol dirsi.
A quel punto mi spiegano i passaggi successivi. E’ già tutto predisposto: mi porteranno sino all’ospedale di Susa per stabilizzarmi e poi via verso quello di Rivoli in elicottero. Il fattore tempo è fondamentale. Così è avvenuto. Tranne per il volo in elicottero, causa nebbia, per cui l’ambulanza ha dovuto “volare”. A Rivoli ingresso immediato in sala operatoria e poi in reparto di Unità Coronarica Intensiva.

Non racconto tutto questo per piaceria o perché qualcuno possa coccolarmi bensì per un altro motivo, questo si, davvero importante.
Durante tutta la vicenda, avendo mantenuto lucidità, ho potuto osservare il lavoro di tutti gli operatori che si sono prodigati per salvarmi la pelle. Medici, infermieri, autisti, ausiliari. Tutti molto professionali, di una cortesia estrema e di un’umanità rincuorante. Sono stati tutti meravigliosi e sento il dovere di doverli ringraziare pubblicamente. Il 118, il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Susa, la Divisione di Cardiologia dell’Ospedale di Rivoli.

Nelle 48 successive all’intervento, tra una aritmia e l’altra, ho avuto modo di riflettere su questo esempio di paese “funzionate” ed “efficiente”. Sulle reali condizioni e potenzialità del nostro Sistema Sanitario Nazionale convincendomi del fatto che la “malasanità”, laddove sussiste, è un fatto voluto per incompetenza politica non perché ci manchino bravi e professionali operatori.

Insomma ho visto all’opera quel pezzo d’Italia migliore della sua classe “dirigente” che opera ogni giorno con passione e competenza e crede in quello che fa.
Nella successive 72 ore, in fase di ripresa, già riuscivo a sostenere qualche chiaccherata “politica” con altri pazienti e qualche infermiera.Ho ascoltato, come sempre, lo sconforto, la delusione, il disgusto delle persone nei confronti della politica che purtroppo si accompagna troppo spesso alla rassegnazione. Mi rendo sempre più conto che la nostra debolezza come popolo è quella di essere convinti che non ci meritiamo qualcosa di meglio di questi cialtroni, ladri e farabutti che quotidianamente occupano le pagine stanche dei quotidiani dove fiumi di inchiostro vengono consumati per raccontare le loro azioni intrise di miseria morale, intellettuale e servilismo strisciante. Una classe politica che non taglia i propri sporchi e immeritati privilegi ma i servizi al cittadino e sulla pelle dei cittadini.
Ecco, se la mia “nuova” vita, il mio “ritorno” ha un significato, lo attribuisco a un prossimo impegno. Non basta dire “la vita è bella e va vissuta” ma, come va vissuta. Dal mio canto credo mi prodigherò per far riflettere tutte le persone con le quali riuscirò a venire in contatto sul loro diritto a vivere in un paese dove l’onestà sia una condizione normale e nel quale il diritto nell’esigere che chi opera in politica lo faccia per il bene comune sia la condizione minima e non un’eccezione.

Un diritto che presuppone la condizione del convincimento che è giusto pretendere di meglio, che siamo migliori di come troppo spesso noi stessi ci dipingiamo. Ridiamo dei nostri “vizi” grazie ai comici, ma il ridere esorcizza la paura di affrontare il cambiamento e ci lascia al palo senza procedere oltre. E’ tempo di convincersi che meritiamo di meglio. Perché il “meglio” è già tra di noi, dentro di noi e non lo vediamo più offuscati dalle porcherie e dai tradimenti di persone cui abbiamo dato troppa fiducia firmando cambiali in bianco votando per consuetudine più che per convinzione.

I’m back!

Il ringraziamento più sincero agli splendidi operatori del 118 di Susa, all’Ospedale di Susa e a quello di Rivoli, all’ottimo reparto di Cardiologia diretto dal Dott. Ferdinando Varbella e ai medici, infermieri e operatori tutti.

Grazie a tutti gli amici che mi hanno fatto raggiungere da attestati di stima e affetto; ai miei parenti e conoscenti e a quanti ci sono stati vicino. 

Grazie ai compagni della redazione di Tgvallesusa che mi hanno offerto il loro sostegno.

Nessun commento:

Posta un commento